a cura della Dott.ssa Cinzia Pudano – Biologa Nutrizionista
All’interno di un’alimentazione bilanciata, è essenziale l’apporto di proteine, indispensabili per la crescita e per la vita cellulare, tanto da venire spesso assimilate ad una struttura solida e preziosa come la casa. E, così come in una casa le unità che ne consentono la costruzione sono i mattoni, le proteine esibiscono una struttura costituita da amminoacidi, legati tra loro a formare la configurazione finale di ogni proteina.
Esistono venti tipi di aminoacidi, ognuno con caratteristiche peculiari, che vengono classificati in amminoacidi essenziali o non essenziali. I primi, come dice la parola stessa, sono fondamentali, e il nostro organismo non ha la capacita di “auto-produrli”, per cui è necessario fornirglieli attraverso l’alimentazione; viceversa, gli amminoacidi non essenziali possono essere prodotti per via endogena dall’organismo. Nello specifico, sono otto gli amminoacidi essenziali che, quindi, dovremmo sempre assicurarci di introdurre all’interno della nostra dieta, sottoforma di proteine.
Gli aminoacidi essenziali sono:
- FENILALANINA
- ISOLEUCINA
- LEUCINA
- LISINA
- METIONINA
- TREONINA
- TRIPTOFANO
- VALINA
Alle proteine che contengono gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni, viene attribuito un alto valore biologico, mentre le altre proteine avranno un medio o basso valore biologico, poiché carenti in qualche amminoacido che, a sua volta, verrà definito limitante. Le proteine ad alto valore biologico, o complete, le troviamo in alimenti di origine animale come pesce, uova, latte e formaggi, e carne; mentre gli alimenti di origine vegetale forniscono, perlopiù, proteine a medio e basso valore biologico. Tuttavia, poiché il tipo di amminoacido limitante sarà differente nelle diverse proteine vegetali, basterà utilizzare una combinazione di diverse fonti proteiche vegetali all’interno dello stesso pasto per ottenere un complesso di maggior valore biologico. Un esempio ideale è un piatto tipico della tradizione popolare, ovvero la pasta con i legumi: in questa associazione i cereali andranno a compensare gli amminoacidi carenti nei legumi, e viceversa, permettendoci di assumere un piatto completo sotto il profilo amminoacidico. Inoltre, dal momento che l’organismo non è in grado di immagazzinare gli aminoacidi, le proteine da cui ricavarli vengono continuamente scomposte e, successivamente, ricomposte, determinando un “processo di riutilizzo” che dobbiamo sempre garantire con un adeguato apporto proteico mediante l’alimentazione.
Da qui, emerge l’importanza di una scelta equilibrata degli alimenti, al fine di assicurarci i livelli necessari di aminoacidi, in particolare se prediligiamo quelli derivanti da fonti vegetali; cerchiamo, quindi, di conoscere i principali cibi del mondo vegetale contenenti proteine. Tra i già citati, abbiamo i cereali, da preferire integrali, come orzo, farro, miglio o, il più comune, frumento. E’ proprio da quest’ultimo che viene ricavata una varietà di alimenti altamente proteici, nei quali si sfrutta la proprietà proteica del glutine presente all’interno del frumento stesso. Di questa categoria fa parte in seitan, alimento tipico della tradizione culinaria giapponese, reperibile in commercio sottoforma di bistecca, affettato, spezzatino e così via. Quando alla lavorazione del glutine di frumento, si abbina una farina di legumi – nella ricetta originale farina di lenticchie – si ottiene un prodotto, ideato nel 1991 da Enzo Marascio, in Calabria, chiamato “muscolo di grano”. La combinazione tra frumento e legumi lo rende maggiormente proteico del seitan, e la sua preparazione è riproducibile anche in casa. Sempre dalla lavorazione del grano, in particolare dalla sua fermentazione, viene ricavato il mopur, chiamato anche “carne vegetale”, a dimostrazione del suo alto contenuto proteico. Il mopur è privo di colesterolo, presenta un’alta digeribilità e, anch’esso, è disponibile sottoforma di spezzatino, di arrosto, di burger e così via. Naturalmente l’assunzione di seitan e mopur non è indicata all’interno di un’alimentazione priva di glutine, mentre per i non celiaci è consigliabile una frequenza di consumo di questi alimenti non superiore ad una volta a settimana. Spesso assimilati ai cereali, ma in realtà pseudocereali, grano saraceno, amaranto e quinoa costituiscono una discreta fonte proteica e sono tutti privi di glutine. Il grano saraceno presenta chicchi dall’insolita forma triangolare, è ricco di vitamine, tra cui la A e quelle del gruppo B e di sali minerali, e il suo consumo è correlato a numerosi benefici a carico del sistema cardiovascolare. Un’ottima presenza di micronutrienti caratterizza anche l’amaranto, pseudocereale di antiche origini, dall’alta digeribilità, che trova, quindi, impiego anche nell’alimentazione di bambini ed anziani. La quinoa è ricca di vitamine, come la E e quelle del gruppo B, e sali minerali come il magnesio e il ferro, ma i suoi semi sono ricoperti da una sostanza amara, chiamata saponina, motivo per cui è bene lavarli prima della cottura. Un’altra categoria di alimenti ricchi di proteine vegetali è quella dei legumi, che presentano un profilo nutrizionale interessante anche per quanto riguarda la presenza di carboidrati complessi. Questi ultimi, grazie alla contemporanea presenza di fibra nei legumi, vengono assorbiti da parte dell’intestino lentamente, con il doppio vantaggio di fornire un modesto senso di sazietà e di mantenere stabili i livelli glicemici in seguito all’assunzione. Che siano secchi o precotti, i legumi offrono una vasta scelta, dai comuni fagioli, lenticchie, ceci, piselli, ai meno diffusi come lupini o arachidi, spesso erroneamente considerati della famiglia della frutta secca. Tutti i legumi sono privi di colesterolo, contengono ridotte quantità di grassi, ad eccezione della soia, che, oltre a presentare un profilo maggiormente proteico, è ricca di acidi grassi, prevalentemente polinsaturi, tra i quali gli acidi grassi della classe omega-3, dall’importante ruolo protettivo verso le malattie cardiovascolari.
Proprio la soia, merita un approfondimento particolare, soprattutto per il dilagante impiego di questo alimento e dei suoi derivati, che ha subito una spinta notevole negli ultimi decenni. L’impatto di un regolare consumo di soia appare molto controverso nell’ambiente scientifico; non ci sono attualmente ampie valutazioni delle prove scientifiche per sostenere o confutare con certezza i suoi effetti sulla salute. Diverse pubblicazioni sostengono che gli alimenti a base di soia e gli isoflavoni (sostanze contenute nella soia, della categoria dei fitoestrogeni, strutturalmente e funzionalmente simili agli ormoni estrogeni) possano fornire sollievo verso i sintomi della menopausa e proteggere dallo sviluppo dell’osteoporosi (1), mentre in passato, alcuni studi dichiaravano come le stesse sostanze fossero inefficaci nel prevenire la perdita di massa ossea e i sintomi della menopausa o che, comunque, fossero in grado di contrastare questi ultimi solo inizialmente. (2) Resta altrettanto controverso il legame tra consumo di soia e funzionalità tiroidea; attualmente un’assunzione regolare di soia e derivati sembra sconsigliata nell’alimentazione di bambini a rischio di sviluppare ipotiroidismo e nelle persone sotto terapia sostitutiva, raccomandando, più nello specifico, di assumere soia e derivati a distanza dalla somministrazione della terapia, al fine di minimizzare il rischio di interazione che pregiudicherebbe l’assorbimento del principio attivo. (3) (4) D’altro canto, gli stessi studi che correlano in modo negativo il consumo di soia alla funzionalità tiroidea, hanno dimostrato che la somministrazione di soia ha importanti effetti positivi su uno stato di insulinoresistenza ed è implicata nella riduzione dei valori di pressione sanguigna. (5) E’ pur vero che esistono diverse sostanze, presenti nella soia, che determinano un impatto negativo sulla qualità nutrizionale della soia stessa; tra queste, le più rappresentate sono gli inibitori delle proteasi e le lectine. Le prime esercitano il loro effetto antinutrizionale causando problemi di digestione, mentre la lectina, in virtù della sua capacità di legarsi ad alcuni recettori situati sulle cellule epiteliali della mucosa intestinale, interferisce con l’assorbimento dei nutrienti, così come fanno altri antinutrienti presenti nella soia, come saponine e fitati. (6) Sottoporre la soia ad ammollo, fermentazione e riscaldamento può, comunque, diminuire la concentrazione di questi antinutrienti, riducendo al minimo i potenziali effetti negativi sulla salute. Alla luce di questi dati, l’impiego degli alimenti a base di soia andrebbe valutato con cautela, tenendo comunque presente che l’effetto di un qualsiasi nutriente è connesso alla quantità, alla qualità ed alla frequenza di consumo. Vediamo, allora, le diverse possibilità per consumare la soia, come fonte di proteine di origine vegetale. I fagioli di soia freschi sono consumati con il nome di edamame: si tratta di soia non ancora giunta a completa maturazione. Hanno minori livelli di antinutrienti e sono ricchi di antiossidanti, come acido ascorbico e betacarotene. Come anticipato, la lavorazione della soia permette di ridurre ulteriormente agli antinutrienti, oltre a rendere l’alimento maggiormente digeribile, ed è proprio dalla trasformazione della materia prima che vengono ricavati diversi prodotti, ottime fonti di proteine vegetali. Tra questi, il sempre più diffuso tofu, ricavato dalla cagliatura del latte di soia, proprio analogamente a come, a partire dal latte vaccino, si ricava il comune formaggio. La rimanente parte di latte di soia, contenente fibre, sali minerali, vitamine, oltre a pochi grassi ed amido, ma dal valore proteico scarso, dà vita ad un altro prodotto, chiamato okara. La lavorazione della soia, nello specifico la sua fermentazione, dà origine al miso, frequente nell’alimentazione giapponese sottoforma di zuppa consumata a colazione. La fermentazione in questione è quella dei fagioli di soia gialla, che dà vita ad un prodotto di facile digeribilità, grazie alla presenza dei fermenti lattici, e dal ricco profilo amminoacidico. La grande famiglia dei derivati della soia comprende anche il tempeh, definito altresì “carne di soia”. Il tempeh si ricava dalla fermentazione dei germogli di soia, con l’aggiunta di aceto e di un microrganismo specifico, in grado di attivare il processo che permetterà di ottenere, così, un prodotto compatto, molto versatile nelle preparazioni culinarie. Una preziosa caratteristica del tempeh è il basso contenuto di sodio, che lo rende adatto anche al consumo da parte di pazienti ipertesi. Un ultimo alimento tipico della cultura giapponese, ricavato dalla fermentazione della soia per mezzo di uno specifico batterio, è il natto, in Italia ancora poco diffuso. Il natto è ricco di fibre, di sali minerali come ferro e calcio, e di vitamine, in particolare di vitamina K, che facilita il fissaggio del calcio a livello osseo, ipotizzando un potenziale effetto preventivo verso l’osteoporosi. Sembra, inoltre, che il consumo giornaliero regolare di natto, migliori la sensibilità all’insulina, i livelli di lipidi nel siero e lo stato di stress ossidativo. (7)
BIBLIOGRAFIA
- Soy foods and supplementation: a review of commonly perceived health benefits and risks. D’Adamo CR, Sahin A. s.l. : Altern Ther Health Med. 2014 Winter;20 Suppl 1:39-51.
- Soy isoflavones in the prevention of menopausal bone loss and menopausal symptoms: a randomized, double-blind trial. Levis S, Strickman-Stein N, Ganjei-Azar P, Xu P, Doerge DR, Krischer J. s.l. : Arch Intern Med. 2011 Aug 8;171(15):1363-9. doi: 10.1001/archinternmed.2011.330.
- Use of soy protein supplement and resultant need for increased dose of levothyroxine. Bell DS, Ovalle F. s.l. : Endocr Pract. 2001 May-Jun;7(3):193-4.
- Unawareness of the effects of soy intake on the management of congenital hypothyroidism. Fruzza AG, Demeterco-Berggren C, Jones KL. s.l. : Pediatrics. 2012 Sep;130(3):e699-702. doi: 10.1542/peds.2011-3350. Epub 2012 Aug 20.
- The effect of soy phytoestrogen supplementation on thyroid status and cardiovascular risk markers in patients with subclinical hypothyroidism: a randomized, double-blind, crossover study. Sathyapalan T, Manuchehri AM, Thatcher NJ, Rigby AS, Chapman T, Kilpatrick ES, Atkin SL. s.l. : J Clin Endocrinol Metab. 2011 May;96(5):1442-9. doi: 10.1210/jc.2010-2255. Epub 2011 Feb 16.
- Implications of antinutritional components in soybean foods. IE, Liener. s.l. : Crit Rev Food Sci Nutr. 1994;34(1):31-67.
- Natto and viscous vegetables in a Japanese-style breakfast improved insulin sensitivity, lipid metabolism and oxidative stress in overweight subjects with impaired glucose tolerance. Taniguchi-Fukatsu A, Yamanaka-Okumura H, Naniwa-Kuroki Y, Nishida Y, Yamamoto H, Taketani Y, Takeda E. s.l. : Br J Nutr. 2012 Apr;107(8):1184-91. doi: 10.1017/S0007114511004156. Epub 2011 Sep 7.
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